Prigionieri e prigioniere di un corpo che non desiderano e che hanno abbandonato e ora doppiamente prigionieri di guerra. La comunità transgender in Ucraina non è tutelata da nessuna legge statale.
Così al momento della fuga dalla bombe russe arrivate al confine centinaia di transgender vengono rimandate indietro. Sui documenti ufficiali non risultano donne, bensì ancora uomini e inquadrati in quel genere non possono lasciare il Paese, come previsto dalla legge marziale entrata in vigore subito dopo l’invasione russa. La questione di genere fa scalpore in Italia, tanto più in Ucraina, terra nella quale parlare di diritti per le persone Lgbtq è ancora un tabù.
“L’unica soluzione è quella di andare dal proprio medico e poi, con il certificato, recarsi all’ufficio militare per essere eliminate dalla lista per l’arruolamento”. Questa la soluzione drastica proposta dalle associazioni Lgbtq di Kiev. Si susseguono storie e racconti sui social e nei blog. Alcune di loro sono costrette anche a mentire, dicendo alla frontiera di aver perso i documenti, per poter essere riconosciute finalmente come donne.