(Foto: Euronews)
Ordine di rimpatrio europeo, divieto di ingresso in UE fino a 10 anni e ok ai centri di rientro: ecco le nuove (e stringenti) norme della Commissione
Giro di vite sull’immigrazione: l’Unione Europea avrà un nuovo regolamento per il rimpatrio, che la Commissione ha presentato oggi a Strasburgo.
Tre le novità principali che il testo presenta: un “ordine di rimpatrio europeo”, omogeneo per tutti i 27 Paesi dell’Unione, che rende unitario il mosaico dei diversi sistemi nazionali di rimpatrio; un divieto di ingresso nell’UE che può raggiungere i 10 anni; un’apertura verso i centri di rimpatrio, ossia Paesi terzi con cui esiste un accordo per il rimpatrio. Un’apertura, cioè, verso il protocollo Italia-Albania di Meloni. Insomma, una politica migratoria che si basa sull’esternalizzazione della gestione delle persone che arrivano.
In sostanza, il nuovo regolamento prevede norme più severe per chi non gode dello status di rifugiato, e quindi non ha diritto alla protezione internazionale. E l’irrigidimento parte dal divieto di ingresso: a chi non collabora al processo volontario di rimpatrio – cioè non lascia lo Stato membro entro la data indicata, o si sposta in un altro senza autorizzazione – sarà vietato l’accesso ai Paesi UE per un massimo di 10 anni. Può subire la stessa misura anche chi pone un rischio alla sicurezza dei Paesi dell’Unione.
Il rimpatrio, invece, in continuità con le norme precedenti, non può avvenire se il Paese di ritorno non è sicuro.
Le nuove regole, in particolare la virata verso una netta esternalizzazione, hanno scatenato la reazione della sinistra europea. I socialisti e democratici (S&D) definiscono la soluzione dei centri di rimpatrio “legalmente discutibile” e inutilmente dispendiosa.