Il presidente del Senato auspica però che la divisione dei Csm possa ridurre il peso delle correnti
Continuano le tensioni nella maggioranza, questa volta sulla riforma della Giustizia. A non essere completamente convinto sulla separazione delle carriere nella magistratura, tra pubblico ministero e giudice, è il presidente del Senato, Ignazio La Russa.
Una maggioranza di minoranze
“Giusta la separazione delle carriere, ma forse il gioco non valeva poi tanto la candela”, questa la posizione di La Russa.
Sulla riforma ancora La Russa ha commentato: “Mentre invece l’aspetto dei due Csm è un tentativo, vediamo se riesce, di ridurre il peso delle correnti” della magistratura, aspramente osteggiata dal governo.
Ma questa riforma di cosa tratta?
La riforma
Il disegno di legge, proposto dalla maggioranza, prevede una modifica dell’articolo 104 della Costituzione, introducendo una netta separazione tra le funzioni requirente e giudicante della magistratura. Cosa vuol dire?
Nel sistema giudiziario italiano i magistrati si dividono in due categorie: giudicanti (i giudici), quindi coloro che decidono su un determinato fatto o reato; requirenti (il Pubblico ministero o Pm) che compie le indagini e svolge il ruolo di “pubblica accusa”. Entrambe queste tipologie di magistrato sono raggruppate in un unico grande organo costituzionale chiamato Corte Superiore della Magistratura (CSM).
La proposta del governo è quella, da una parte, di separare le carriere di Pm e giudice (al momento uno stesso magistrato può ricoprire entrambi i ruoli), dall’altro di creare due CSM differenziati, uno requirente e un altro giudicante.
Ma perché questa divisione?
La ragione di fondo è quella di rendere la giustizia meno influenzata dai rapporti stretti che intercorrono tra procuratori e magistrati. Martedì scorso, il vice ministro alla giustizia, Francesco Paolo Sisto (Fratelli d’Italia), ha spiegato la scelta con una metafora sportiva: “Se in una partita di calcio tra Italia e Germania l’arbitro è tedesco, probabilmente favorirà una certa squadra”. Tradotto, se Pubblico ministero e giudice sono colleghi, quest’ultimo tenderà a dare ragione al Pm, invece che alla difesa e quindi all’avvocato difensore.
Una posizione smentita dalle statistiche ufficiali, che vedono il 50% delle sentenze archiviate, quindi senza un dibattimento, o finite con l’assoluzione.
Con la divisione dei CSM, inoltre, ogni organo gestirebbe autonomamente le nomine e le sanzioni al suo interno, senza cedere a “correnti politiche”, molto criticate dalla maggioranza, che ne indirizzerebbero le decisioni.
Dalle opposizioni, invece, uno dei timori è la possibilità di un controllo diretto del Pm da parte del governo. Insomma, “dividi et impera” (dividi e conquista, come scriveva Giulio Cesare).
Ma come sta avvenendo la votazione?
Poiché si tratta di una riforma costituzionale c’è bisogno di regole più stringenti. Il disegno di legge deve essere letto due volte da entrambi i rami del Parlamento (Camera dei Deputati e Senato). Solo dopo questa “doppia lettura” si può inviare il disegno di legge al Presidente della Repubblica per la promulgazione, quindi accettazione e successiva entrata in vigore. Al momento la Camera ha effettuato entrambe le letture, mentre al Senato manca la seconda.